Pelli e dannati: Milano impazzisce per un Gucci conciato male

Illustrazioni, Vignette

Sollievo fra i coccodrilli: con lo morte di Maurizio Gucci si estingue lo più feroce dinastia di scotennatori di rettili pregiati: Ma questa tragica morte è solo l’ultimo episodio di una saga di odi e tradimenti nella più schietta tradizione del made in Italy. Anche «Cuore» vuole rendere omaggio alla pittoresca casata dei Borgia della pelletteria: ecco l’albero genealoglco, della famiglia Gucci. Di padre in figlio, un solo motto: va’ dove ti porta il cuoio.

  • articolo di Lia Celi uscito su Cuore del 1/4/1995. Il pezzo venne scritto conseguentemente all’uccisione di Maurizio Gucci.

Guccio Gucci (1881- 1953)
Allievo della scuola fiorentina di taglia-pelli “Paccio Pacciani”, Guccio, leggendario fondatore della dinastia, agli inizi del secolo emigra emigra dalla natia Firenze a Londra, dove per mantenersi lavora come facchino al prestigioso Hotel Savoy. Qui, su consiglio del collega Samson Samsonite, Guccio apre un fiorente commercio di valigie di lusso – quelle lasciate incustodite dai clienti del Savoy. L’attività gli fa conoscere la sua futura consorte Vuittonne Vuitton, una vivace pochette francese che si sbottona con estrema facilità. Tornato in patria, produce insieme alla moglie i primi modelli in vera pelle con inserti in osso e perfettamente lavabili: cinque figli, subito marchiati a fuoco con la celebre doppia G e mandati in bottega, dove Guccio tenta di venderli come beauty case. Ma a conquistare le dame di tutta Europa è una sua creazione degli anni ’20: un piccolo astuccio in nappa zigrinata, di elegante forma cilindrica, che Guccio, animato dall’impareggiabile buon gusto del fiorentino purosangue, battezza “l’ bischero”. Muore a settantadue anni nel suo laboratorio, divorato da una imitazione di pitone riuscita troppo bene.

Accio Gucci (1912- 1960]
Accio, figlio di Guccio, fe’ una bisaccia di buccia di luccio. E tutti i pesci seguivan la traccia della bisaccia di buccia di luccio fatta da Accio figlio di Guccio. Di lui non si sa altro.

Laccio Gucci (1920-1978)
Nipote di Guccio, viene considerato il Newton della calzoleria fiorentina. E’ il primo a rendersi conto dei limiti della tradizionale scarpa fatta a mano; decide così di farla a piede, una forma più confortevolee adatta allo scopo. Ed è solo la prima delle sue invenzioni: oltre agli scarponi senza suola per carmelitani alpinisti e alle scarpe di filetto, molto più sostanziose di quelle di vitello; laccio crea l’inimitabile mocassino Gucci. E’ l’unico mocassino con le stringhe, particolare che lo rende del tutto simile a una normale scarpa da uomo, a parte il fatto che costa dieci volte tanto. Muore di crepacuore quando la sua unica figlia gli comunica l’intenzione di farsi suola (argh].

Moccio Gucci (1936-1994)
Così chiamato per una forma congenita di raffreddore che lo perseguiterà tutta la vita, Moccio apre nuovi orizzonti nella corameria. Di ritorno dagli Usa, dove ha frequentato un master in scotennamento presso il «Sioux College» di Dakota City, prova con successo a conciare la pelle di un grosso ruminante italiano altrimenti improduttivo: suo fratello gemello Goccio Gucci, notorio ubriacone del jet set, la cui carnagione, di un modernissimo color melanzana, consente un notevole risparmio sulle spese di tintura. Famoso per ammorbidire la pelle a suon di ceffoni, dagli anni ’60 Moccio diventa per il bel mondo internazionale il fornitore ufficiale di accessori di coccodrillo: sue le borsette di Grace Kelly, la faccia di Marta Marzotto, le lacrime della famiglia Gardini. Appassionato di gioco d’azzardo, l’ultima scommessa gli è fatale: «Vado a cena da mio fratello Uccio: venti a uno che torno sano e salvo».

Groucho Gucci (1925-1975)
Attore e musicista, ha portato l’arte della pelletteria nel mondo delIo spettacolo. Il segreto della sua visionaria creatività? La colla da conciatore, che aspira in dosi da cavallo fin da bambino. Inizia la carriera nel cinema infilando una serie di successi internazionali come Conciando sotto la pioggia, La pelle, Oh cincillà. Poi Groucho scopre il rock ‘n’ roll e, con lo pseudonimo di Frank Nappa, fra gli anni ’50 e ’60 sforna capolavori come Blue Suede Shoes, All You Need is Giove e soprattutto Guccy In The Skai With Diamonds, dedicata a un nuovo modello di borsetta da sera. Si suicida negli anni Settanta, dopo che un’overdose di colla gli ha ispirato una spaventosa allucinazione: il primo borsello.

Gruccia Gucci (1945- )
Dì lei nonno Guccio diceva «Sarà la mia croce». Secondo il patriarca, infatti, le femmine del Clan non erano vere Gucci: «Un ci hanno il manico – lamentava il patriarca, – e sono piene di buhi. La mi’ offiscina ‘un ha mai prodotto robaccia del genere».Eppure, fra le donne del clan ricordiamo di passaggio l’imbarazzante cugina bolognese Soccia Gucci e Miccia Gucci, la famigerata terrorista nera. Gruccia è l’unica a conquistarsi un posto al sole: Con gli anni la ragazza diventa la vera anima di ogni guardaroba griffato: negli anni Sessanta la sua figura magra, legnosa e assolutamente inespressiva, ne fa la modelIa ideale per i più grandi disegnatori di moda. Sul finire della carriera, convola a nozze con un mercante d’arte newyorchese, insieme al quale fonda il Guccenheim Museum.

Falso Gucci (1950- )
Esponente di un ramo spurio della famiglia, non si conosce il suo luogo dì nascita. Chi lo colloca tra Forcella e San Marino, chi, più ragionevolmente, a Taiwan. Proprio in Estremo Oriente si è conquistato una solida fama di sciupafemmine: l’industria dei Falsi Gucci sfianca ogni giorno migliaia di giovanissime operaie sottopagate. Negli ultimi tempi è nato un consorzio per la tutela del Vero Falso Gucci, per garantire che il manufatto è un’autentica contraffazione. Infatti è molto difficile distinguere Falso dai veri Gucci: come molti esponenti del clan Gucci, anche Falso Gucci ha avuto guai con la guardia di Finanza ed è controllato dalla malavita. Per fortuna, è impossibile confondere le vere boutiques Gucci con le boutiques Falso Gucci. Per accertarsene, basta provare a entrarci: le vetrine di Falso Gucci sono semplicemente dipinte sul muro.

testi di Lia Celi, disegni di Roberto Grassilli